di Enzo Coccia
Cinque anni fa ebbi il piacere di ospitare nella mia pizzeria La Notizia 94 il grande, l’unico, il genio, colui che ha rivoluzionato la gastronomia mondiale: Ferran Adrià, il famoso chef spesso associato alla cucina molecolare con l’idea di creare un inaspettato contrasto di sapori, temperature e colori per provocare, sorprendere e deliziare.
Era il 30 marzo, un sabato, quando ebbi due telefonate. La prima mi fu fatta dall’allora direttore del Gambero Rosso, Stefano Bonilli, giornalista, uomo di grande intelligenza che con la sua grande intuizione aveva compreso, già negli anni 80, che la cucina sarebbe diventata prima un fenomeno culturale e mediatico poi. Un aspetto importante, soprattutto ai nostri tempi, dove la cucina, o più in generale il cibo, assume sempre più un valore anche sociale.
L’atra telefonata fu del mio caro amico Marco Bolasco, anch’egli giornalista nonché braccio destro di Bonilli, attualmente direttore di Slow Food Editore. Ricordo benissimo quel sabato perché avevo una cena con il Presidente del Calcio Napoli e tutta la squadra. Pensai “che casino!”. C’era anche tutta la confusione della clientela del sabato sera.
Ferran Adrià arrivò insieme a sua moglie; venne alla Notizia 53, quella storica, e poi qualcuno gli disse di recarsi invece alla Notizia 94 dove aveva il tavolo prenotato. Ricordo che lo trovai seduto, tutto bagnato a causa di un forte temporale tanto che gli proposi di cambiarsi d’abito. Insieme ai miei collaboratori preparammo un menù degustazione e lo vidi, come sua abitudine, assorto a codificare le mie pietanze con dei numeri.
Avevo già incontrato Ferran Adrià diverse volte durante i suoi convegni in Italia. Uno di questi fu nel 2006 in occasione di Terra Madre dove, insieme a Carlin Petrini, tenne la cerimonia di inaugurazione.
A distanza di cinque anni esatti da quell’incontro nella mia pizzeria, pochi giorni fa ho ricevuto una bellissima sorpresa: ho scoperto che Ferran Adrià si è ricordato di me e della cena citandomi in un articolo apparso su Vanity Fairin cui riferisce che “la pizza che ho mangiato da Enzo Coccia, a Napoli, è “alta cucina” tanto quanto quella di Joël Robuchon”.
Mi piacerebbe rincontralo un giorno per fargli assaggiare le nuove pietanze che ho messo nel menù. Magari con più calma e senza una pioggia torrenziale a parlare del suo progetto Fondazione alBulli.