di Lina Malafronte
Pistacchio e mortadella. E’ il duetto felice e gourmet che, in questi giorni, La Notizia sta presentando ai suoi ospiti, cinto tra i due strati di soffice pasta del murzillo saporito, perfetto starter di una cena con i controfiocchi.
Originario del Medio Oriente, la singolarità del pistacchio, con il suo sapore oscillante tra il dolce e salato, ha oltrepassato i limiti geografici per imporsi, senza aver bisogno di chissà quale articolata introduzione, come ingrediente d’elezione di un’affascinante varietà di ricette in giro per il mondo, dove assume nomi alquanto simpatici. I cinesi lo chiamano il “seme felice”, gli iraniani il “seme sorridente”, i brontesi “l’oro verde”. Qualunque sia il suo appellativo, il pistacchio, elisir di gusto e di salute, si fa largo, con guscio o senza, intero o tritato, salato o tostato, dall’aperitivo al dolce.
Snack preistorico, menzionata già nella Bibbia, la piccola nocciola verde è stata a lungo considerata un alimento nobile, privilegio di una minoranza eletta. Prelibatezza raffinata dei banchetti reali sì, ma anche porta fortuna. Pare che nel Middle East sia abitudine per i fidanzati incontrarsi, nelle notti di luna, sotto gli alberi di pistacchio e ascoltare il suono del guscio aprirsi, auspicio di una lunga e felice vita insieme.
Di pistacchio, però, non ce n’è uno solo. Dalla Turchia, dalla Siria, dagli Stati Uniti e dalla Cina ne arrivano a tonnellate, ma nessuno può eguagliare il carattere speciale di quelli che a Bronte fioriscono tra i detriti vulcanici e le lave ribelli.
Introdotti dagli Arabi, i frutti della Pistacia vera occupano, nella cittadina etnea fondata dai Ciclopi, più di 3000 ettari di territorio e, fregiati di un doppio titolo, Dop e Presidio Slow Food, si raccolgono ad anni alterni. Ecco allora che le piante si ritemprano per dare il meglio di sé nell’annata feconda, quando la bontà di quelle piccole gemme viene intrappolata in pesti, creme e paste.
Ed è proprio con il pesto di pistacchio verde di Bronte DOP, la provola di bufala e la mortadella di Pasquini & Brusiani, il più importante e ultimo salumificio artigianale bolognese, che Enzo Coccia, mentre si avvicina il periodo clou dei frutti secchi, ha farcito una delle sue creazioni, il murzillo saporito, di nome e di fatto, mix di farina integrale e 00. La storia di questa Mortadella con la “m” maiuscola, anch’essa Presidio Slow Food, ci riporta agli anni ’50, quando Pasquini, maestro salumiere, e suo suocero Brusiani, figlio di uno stufatore, l’addetto alla cottura delle carni, cominciarono a decidere le sorti del gustoso insaccato. Solo una quantità infinitesimale di conservanti e carne di puro suino foderata dalla vescica del maiale rendono la mortadella del laboratorio di via Delle Tofane 38 un’autentica ambrosia di cui andare a caccia.
Questo murzillo, abbinato a una birra fresca e ricca di profumi o a un buon vino mosso tipo il Gragnano, promette di essere come il primo amore, indimenticabile!