di Lorena Esposito
La pizza, oltre ad avere un’importanza alimentare, in quanto esempio di dieta mediterranea, ha anche una valenza antropologica.
Da cibo di strada a simbolo fortemente identificativo degli italiani. Con l’emigrazione, difatti, ha avuto un ruolo primario nel diventare la bandiera sotto cui un’intera nazione si è riparata, mantenendo in vita il legame con la cultura di origine, un’italianità fatta di casa e di originalità domestica.
Non è un caso che la pizza, prima di essere qualcosa di “ricettabile”, è una mentalità, una certa maniera di concepire il gusto.
Per l’antropologo Vito Teti, il cibo evoca ed in qualche modo presentifica un luogo antropologico, è il ponte verso la propria terra, i propri affetti, i propri luoghi. Non solo. Il mondo nel quale viviamo è sempre più globalizzato e la pizza è diventata anche una pietanza simbolo della globalizzazione, il prodotto più commercializzato ed imitato della gastronomia globale.
Possiamo sostenere che proprio i napoletani hanno inventato la globalizzazione gastronomica, prima che i fast food invadessero le città, portando con sé pizza, spaghetti, e tant’altro, partendo dalle cucine povere di Napoli, fino a diventare simbolo non solo della città, ma di tutta la cucina italiana nel mondo.
Un fattore che ha contribuito alla sua diffusione, oltre alla sua bontà, è che ha assunto un valore fortemente socializzante: é prediletta da adulti, giovani e bambini. Un rito metropolitano che mette d’accordo tutti. E, soprattutto, risponde alle esigenze odierne: è gustosa, economica e si mangia velocemente.
Come sostiene l’antropologo Marino Niola, la pizza napoletana è la bandiera planetaria dell’Italia da mangiare. Emblema del Bel Paese e di quel doppio concentrato di italianità che è Napoli.
Il classico esempio è la pizza pomodoro e mozzarella che con l’aggiunta delle foglie di basilico inizierà a svolgere una funzione patriottica, diventando il simbolo dell’Unità d’Italia, riuscendo ad unire gli italiani, quanto meno a tavola, svolgendo un ruolo decisivo nella costruzione dell’identità gastronomica nazionale.
In questo contesto di globalizzazione e di mcdonaldizzazione, la pizza napoletana è uno scrigno di benessere scarlatto, così come è stata definita dalla Fondazione Umberto Veronesi, è una vera e propria ancora di salvezza in un mondo che va veloce. È il primo fast food che si fa velocemente e si allinea con i bisogni moderni, senza rinunciare a genuinità, sapore e convivialità.
Per il suo “valore”, insieme a spaghetti e mandolino, è uno degli elementi della trinità oleografica napoletana. Ha fornito spunto ed ispirazione per immortalare l’immagine stereotipata della città ed ancora oggi è al centro dell’interesse assieme ai maestri pizzaioli che tengono alto il nome del prodotto.
Concludo con un pensiero del maestro Enzo Coccia:“La pizza napoletana rappresenta la storia della città di Napoli, la tradizione. È una fotografia di un territorio che esprime dei sapori, dei profumi, una storia ed una tecnica”.