di Lina Malafronte
Pare proprio che Report con il suo servizio sulla, o sarebbe il caso di dire, contro la pizza napoletana abbia lasciato un segno indelebile nella mente e nel cuore di tutti, tanto in chi si sporca le mani con acqua e farina per professione quanto in chi lo fa, invece, solo per divertimento e per passione e in chi, con le parole o con gli scatti, quel mondo con i suoi protagonisti lo vive e lo fa vivere, tracciandone i contorni.
Dopo la messa in onda dell’inchiesta sulla pizza agli idrocarburi, come il titolo di un famoso film recitava, è arrivata l’alba del giorno dopo, per qualcuno cupa e tetra, di dostoevskijana memoria. Certo è che la puntata della nota trasmissione televisiva ha fatto da spartiacque, disegnando quella incancellabile linea netta di demarcazione tra prima e dopo, tra una certa maniera di fare e di operare e la ferma volontà di mostrare che c’è anche un modo diverso di lavorare e che, come sempre, le generalizzazioni sono pericolose e servono a ben poco se non a generare confusione.
Al nome di quella pellicola ci si è ispirati per “Olive oil: the day after Report”, l’evento che il 2 marzo ha raggruppato operatori del settore, giornalisti e amanti della pizza per illuminarli su una delle punte di diamante dell’agroalimentare italiano, l’olio extravergine di oliva, e su quanto sia importante l’impiego di questo impareggiabile grasso nella preparazione della pizza napoletana.
Organizzato da Enzo Coccia in collaborazione con Riccardo Scarpellini, selezionatore di oli, Gino Celletti, uno dei più grandi esperti in materia e Laura Gambacorta, giornalista del food, l’appuntamento, inevitabile seguito di quell’insieme di iniziative volte a fare chiarezza sulle questioni sollevate dal programma di Rai 3, è stato articolato in due sessioni: all’incontro mattutino con esperti e produttori, che hanno guidato gli ospiti in un percorso di degustazione, ha fatto seguito una serata abbagliata da 5 diverse pizze condite da altrettanti oli campani. Una giornata, perciò, interamente consacrata a uno dei prodotti vanto dell’Italia e, soprattutto, della Campania da mangiare.
Ad avvicinarsi per prima al microfono de La Notizia la dott.ssa Maria Luisa Ambrosino, Responsabile sportello olio della Facoltà di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, che, riflettendo sulla criticità del 2014, un’annata decisamente nera per la produzione di olio (e non solo), ha posto l’accento sulla qualità, sul costo da sobbarcarsi per averla, sulle modalità per riconoscerla – come leggere l’etichetta, controllare la provenienza e, quando possibile, assaggiare l’untuoso condimento – e sulla complessità del panorama olivicolo della nostra regione che può vantare ben 5 Dop. Il Prof. Raffaele Sacchi, docente di Industrie Agrarie del medesimo Ateneo, attraverso la propria esperienza personale, ha affrontato la cocente problematica del pessimo olio, spesso di semi, che alcune pizzerie continuano ad usare, mentre Gino Celletti, uno dei massimi conoscitori dell’oro verde nazionale, ha elogiato gli extravergini e i produttori del nostro territorio, da lui considerati autentiche eccellenze, tra i migliori di tutto lo Stivale. Avendo preso parte alle riprese di Report, Celletti ha voluto, inoltre, spiegare che l’intento degli autori era di attaccare i nemici della qualità, certamente non una professione che genera ricchezza e sfama un numero molto considerevole di famiglie tanto nella nostra penisola quanto all’estero.
All’assaggio gli oli del frantoio Torretta, quello della famiglia Romano, dell’azienda Madonna dell’Olivo, dell’azienda agricola Capolino Perlingieri e della tenuta Le Tore. Al calar della sera i cinque sono stati messi ancora alla prova finendo sulle pizze del maestro napoletano e hanno furoreggiato su tre bianche, una con fiordilatte e pacchetelle, una con mozzarella di bufala campana Dop, fiori di zucca e pecorino e un’altra ancora con pomodoro giallo, salsiccia dei Monti Lattari, olive nere e scarola, una margherita e una marinara, entrambe con pomodoro San Marzano Dop.
Per uscire dalla più completa disinformazione in materia, ben vengano adunate come queste per istruirci e guidarci nella scelta dell’olio ed essere, finalmente, capaci di distinguere quello buono da quello cattivo, come il figlio del Prof. Sacchi, che, svezzato con pappe insaporite da olio di elevata qualità, a soli 2 anni, seppe identificare quello scadente con cui avevano condito la sua pizza.