di Lina Malafronte
Non credete che se Giambattista Vico fosse vissuto ai giorni nostri ieri mattina avrebbe percorso la manciata di metri che separavano casa sua dalla Biblioteca dei Girolamini in una frazione di secondi per addentare le creazioni dei fratelli Coccia?
E sì, perché, nella giornata di sabato, all’inconfondibile odore di carta, tanto caro al filosofo napoletano, si è mescolato il profumo, altrettanto singolare, delle pizze di Enzo e Ciro, giunti nella biblioteca più antica e più grande di Napoli per la preview dell’apertura straordinaria delle splendide sale settecentesche di via Duomo.
Un’anteprima speciale, a suon di montanare con provola e pomodorini del Piennolo, di pizze fritte con ricotta e cicoli o con ricotta e salame, riservata a pochi invitati per presentare l’iniziativa che, dal 2010, mette l’enorme patrimonio conservato negli istituti italiani alla mercé di chiunque voglia partecipare alla Domenica di carta.
Promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, il progetto coinvolge le biblioteche e gli archivi di stato che si raccontano e raccontano il passato e la storia attraverso i caratteri impressi sulle pagine ingiallite di manoscritti, pergamene, documenti, giornali, ma anche disegni, stampe, fotografie e lavori di inestimabile rarità, custoditi lungo tutta la Penisola.
Oggi, dunque, la preziosa collezione di opere, che dal 1586 affollano gli scaffali su e giù per i cinque piani della struttura dei padri oratoriani, sarà per qualche ora sotto gli occhi di tutti, adolescenti e anziani, famiglie e bambini, nessuno escluso.
Teologia cristiana, Filosofia, Storia della Chiesa, Chiesa cristiana in Europa, Musica sacra e Storia generale dell’Europa: sono queste le scienze che, come la morbida luce calda che qui si diffonde per le stanze, rischiarano i vari ripiani dell’edificio fondato dai seguaci di San Filippo Neri e noto alla cronaca per la sottrazione (e perciò chiuso al pubblico) di un numero piuttosto cospicuo di volumi antichi e di notevole valore.
L’evento di questa domenica è l’occasione per mostrare – non solo per ciò che stivano – tutto il fascino di questi luoghi, soprattutto alle menti più giovani, che troppo spesso guardano a essi come spazi incartapecoriti, in cui si ha la sensazione di essere inghiottiti in un’aria che sa di vecchio ed è troppo distante dall’hic et nunc dell’era digitale.
Se la cultura è apertura, come lo slogan dell’appuntamento annuale recita, ed è la chiave per decodificare il mondo, il momento è buono per aprire le nostre serrature e spalancare le nostre porte al gigantesco repertorio letterario e figurativo che il MiBACT ci sta servendo praticamente su un piatto d’argento. Se poi si aggiunge pure quello gastronomico, come è accaduto nella mattinata del 10, ancora meglio.
Questa edizione, appunto, vede interagire il sapere con il cibo grazie a un percorso ideato presso un’altra storica biblioteca, quella Nazionale, atto a promulgare la vastissima tradizione culinaria locale. E di questo non possiamo che essere orgogliosi!