di Lina Malafronte
E’ trascorso pressappoco un anno da quando Linea Verde ha visitato la Campania. 365 giorni dopo, giorno più giorno meno, la seguitissima trasmissione di Rai Uno ha deciso di dirigere nuovamente il puntatore su una delle terre più fertili al mondo, profondamente ferita, però, da decenni di illegalità e passata dall’essere “felix” all’essere nota a tutti con la triste etichetta di “terra dei fuochi”.
Andata in onda l’8 febbraio, la puntata si è aperta sui versi di Raffaele La Capria e sulla sua idea di un’ambiguità, al contempo specificità, che caratterizza l’anima napoletana, divisa, com’è, tra natura e storia.
La natura, ricca e abbondante, messa molte volte in ginocchio dall’alleanza perversa tra mali affari e mala politica, ma, alcune altre, preservata e valorizzata dalle azioni virtuose di piccole realtà private, e la storia, segnata da antiche tradizioni e da molteplici vicende politiche, economiche, sociali, culturali, sono state la chiave di volta dei 52 minuti di riprese.
Durante il viaggio di Patrizio Roversi e Daniela Ferolla, la troupe televisiva ha fatto tappa anche al Real Bosco di Capodimonte, riserva di caccia e di svago del Re Carlo III di Borbone. Non avrebbero potuto scegliere un posto migliore per sperimentare più da vicino il duplice legame con la natura e la storia del sito regale che, in pieno centro città, con i suoi 130 ettari di verde è eletto dai napoletani come luogo privilegiato per fare una pausa e rilassarsi.
L’ampio appezzamento di terra voluto dal sovrano borbonico, poco dopo essere salito al trono, è un luogo incantato dove il tempo pare si sia fermato al 1734. E a quel periodo mira il programma di interventi che porterà al ripristino delle attività che ivi si svolgevano e degli edifici ad esse destinati: dalla manifattura della porcellana e della ceramica alla coltivazione dei fiori e, soprattutto, di quei prodotti che rendevano questo posto un’autentica azienda agricola. Agrumi, frutti come l’ananas, che a quel tempo proveniva dall’Oriente, pomodori, papacelle e altre bontà ritornano, a poco a poco, ad occupare gli spazi del più grande parco metropolitano.
Alcuni di questi ingredienti hanno guarnito le pizze di Enzo Coccia che, in realtà, non è nuovo agli interventi di recupero dei fondi agricoli del bosco. Come lo scorso novembre, il maestro pizzaiolo ha riacceso il forno a legna dove, stando alle cronache dell’epoca, fu cotta, per la prima volta, la pizza margherita.
Aspettando che ogni cosa venga restituita al suo primitivo splendore, l’auspicio è che il calore dell’antico focolare possa continuare a soffiare su altre golose creazioni.