di Enzo Coccia
Per tanti anni ho sentito da avventori, fornitori, operatori ed emigrati che la pizza a Napoli è più buona per l’acqua impiegata nella preparazione dell’impasto. Niente di più falso!!!
Per sfatare questa credenza infondata interroghiamoci, innanzitutto, sulla funzione che il composto dalla formula H2O ricopre nella miscela che delizia i palati di tutto il mondo.
L’acqua è un ingrediente fondamentale nella formazione di un impasto per pizza. L’aggiunta di acqua, generalmente in quantità del 55 – 60% rispetto al peso della farina, promuove l’idratazione di tutte le molecole che hanno una spiccata affinità per questo solvente. Oltre a idratare i componenti macro-molecolari, essa consente la formazione del glutine, regola le attività enzimatiche, è il mezzo indispensabile per la vita del lievito, idrata i granuli d’amido durante la cottura consentendone la gelatinizzazione ed esplica un importante effetto solvente per altri ingredienti quali il glucosio, il saccarosio, il sale.
In passato la tanto acclamata acqua di Napoli aveva origine da diversi fiumi, alcuni sotterranei, altri navigabili come il Sebeto che, scendendo dal Monte Somma, scorreva nella zona orientale della città. Lo sviluppo urbanistico avviato verso la fine del Medioevo cominciò a ridurre questo leggendario corso d’acqua fino a causarne la più completa scomparsa agli inizi del secolo scorso. Dal 1885, invece, per la seconda volta dopo i Romani, si iniziò ad attingere dalle sorgenti del Serino, in Irpinia, da cui proviene gran parte dell’approvvigionamento idrico partenopeo. Sebbene l’acqua che sgorga dai rubinetti napoletani sia finita, qualche tempo fa, sotto inchiesta, l’Abc, l’azienda idrica comunale, e l’Asl, assicurano che rispecchia i parametri di potabilità imposti dalla legge.
L’essere potabile è, per l’appunto, la prima condizione che l’acqua utilizzata per gli impasti deve soddisfare, deve, cioè, avere determinati requisiti organolettici, chimici e microbiologici (secondo le linee guida tracciate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità): non deve possedere sapori anomali o sgradevoli e alcun odore sia a freddo sia a 60°C, deve essere limpida e incolore (requisiti organolettici), devono essere completamente assenti diverse categorie di microrganismi patogeni (requisiti microbiologici).
L’acqua adoperata per creare il panetto di pasta viene classificata in base alla durezza che è misurata in gradi francesi. I sali minerali, in particolare il Calcio e il Magnesio, in essa disciolti interagiscono con le proteine. In pizzeria, acque dolci (fino a 5 gradi francesi) danno un impasto colloso, mentre l’impiego di acqua troppo dura (superiore ai 20 gradi francesi) determina una scarsa produzione di gas, riduce l’attività dei lieviti, crea una maglia glutinica più rigida con il conseguente allungamento dei tempi di lievitazione. Inoltre, un eccesso di sali minerali può dare problemi sensoriali al prodotto finito.
Un parametro importante da tenere in considerazione riguarda la temperatura dell’acqua che influenza quella dell’impasto che deve essere di 21 ± 3°C per non ostacolare l’attività dei lieviti. Inoltre, va studiato il pH che costituisce la misura dell’acidità e della basicità dell’acqua. Una soluzione neutra ha pH=7, una basica ha pH >7, mentre una acida ha pH <7. Per la pizza napoletana l’ottimo sarebbe un pH neutro, ma, come si vede dagli schemi seguenti, dalle analisi risulta un’acqua basica.
Nella mia esperienza di consulente all’estero, solo due volte ho riscontrato problemi con l’acqua: in Palestina perché non potabile e in Canada, precisamente a Calgary, dove i valori di magnesio e calcio erano inferiori ai limiti di seguito indicati. In entrambi i casi fui costretto a far ricorso a dei correttivi agendo sui parametri.
Mettendo a confronto la qualità dell’acqua di Napoli con quella di Milano e New York, come si può ben notare dalle tabelle qui sotto, i valori di durezza, calcio e magnesio sono molto simili, dunque non vi è nessuna differenza sostanziale.
(Fonte: ABC Napoli)
(Fonte: www.metropolitanamilanese.it)
(Fonte: www.nyc.gov)
E allora qual è il segreto della pizza napoletana? Certamente non è l’acqua, ma conoscenza scientifica, tecnica, esperienza e un pizzico d’amore la rendono unica.