di Enzo Coccia
Vorrei fare un minimo di chiarezza sul seguente dilemma: la vera pizza napoletana margherita va farcita con la mozzarella di bufala o il fior di latte? Già in passato avevo affrontato la questione da un punto di vista tecnico-scientifico parlando di temperatura e di pH nella fase di cottura e ricordando, ad esempio, che la mozzarella di bufala andrebbe tagliata a fette larghe mentre il fior di latte a listelli, come prevede il decalogo della vera pizza napoletana (per approfondimenti non vi resta che rileggere quello che avevo scritto il 9 gennaio 2015.
Oggi, invece, voglio fare una riflessione storica sull’argomento ricordando, da buon pizzaiolo, che la mozzarella fonde e il fior di latte fila, ma entrambi si legano benissimo al licopene del pomodoro! Seguite il mio ragionamento e vedrete che la scelta tra l’una o l’altro non è una questione di “moda”, ma una libera facoltà del pizzaiolo che soddisfa le diverse “tasche” dei clienti.
La mozzarella di bufala, come tutti sanno, è un formaggio fresco a pasta filata di latte di bufala prodotto e conosciuto già in antichissima epoca. Addirittura, intorno al 1200 i monaci del monastero di Capua offrivano questo formaggio ai fedeli che andavano in pellegrinaggio. All’epoca, in assenza degli attuali sistemi di refrigerazione e per non perdere il latte munto e conservarlo ancora per un altro paio di giorni avevano imparato a trasformarlo così producendo, appunto, le mozzarelle. La piana del Sele era luogo ideale per l’allevamento delle bufale con terreni umidi, acquitrinosi e paludosi che consentivano alle bufale, ricche di ghiandole sebacee e povere di ghiandole sudoripare, di vivere allo stato brado e di proteggersi dal forte calore sguazzando nell’acqua e coprendosi di fango.
Il testo storico in cui troviamo utilizzato il termine “mozzarella” sulla pizza risale al 1866 (Usi e costumi di Napoli di Francesco de Bourcard) mentre qualche anno prima Gaetano Valeriani, nella sua raccolta Napoli in miniatura del 1847, nel descrivere la preparazione delle pizze di Porta Capuana parla di “latticini”: “A questa pasta distesa in forma circolare, viene rialzato l’orlo e, ricoperta di olio o di lardo (‘nzogna), vi si aggiunge un po’ di sale, sempre s’intende sulla superficie. Talora vi pongon sopra pomidori crudi, tal’altra pesci, altra ancora latticini…”.
Adesso tutti potreste obiettare che il significato “mozzarella” indica sia il formaggio fresco a base di latte di vaccino, sia quello a base di latte di bufala in quanto latticini e mozzarella non specificano di quale formaggio si tratti, seguendo entrambi il procedimento della “mozzatura”. Allora vi cito il primo atto della commedia Don Liberato si spassa del 1941, scritta dal grande commediografo e autore napoletano Libero Bovio quando rivolgendosi al garzone recita: “Porta sta pizza con pomodoro e mozzarella al tavolo 3”. Bovio si riferiva alla “mozzarella di bufala”; se avesse voluto intendere semplicemente la mozzarella di vaccino avrebbe detto: “Porta al tavolo 3 una pizza con pomodoro e fior ‘e latt”.
Insomma, il termine “fior di latte” esiste da secoli nel linguaggio corrente dei napoletani per indicare un formaggio fresco di latte di vaccino, prodotto nella zona di Agerola già nella metà dell’Ottocento. Sono convinto che rispetto alla diversa capacità di spesa dei clienti si farciva la pizza, di volta in volta con la mozzarella di bufala o con il fior di latte. Tant’è vero che i più poveri mangiavano la “pizza alla Cosacca”, farcita solo con olio, pomodoro, pecorino e basilico.
E concludo con il grande Eduardo de Filippo: spaghetti alle vongole, ai lupini o alle vongole fujute?