di Enzo Coccia
Siamo ai primi di novembre e l’inverno sta per arrivare, salvo complicazioni meteorologiche! Ma comunque dovremmo esserci.
Il susseguirsi delle stagioni è stato ed è sempre un mio chiodo fisso, accompagnato da una grande ansia per la preparazione del nuovo menù stagionale. Un vero e proprio lavoro di squadra, di idee che devono essere sviluppate, di confronti, di prove e relativi infiniti assaggi. La calibratura di un piatto è fatta di equilibri di sapori e di consistenze, di costante verifica ma anche di profonda incertezza. Nella preparazione delle nuove ricette da proporre ai clienti, così come durante l’assaggio, ascolto tutti i collaboratori indipendentemente dalla loro mansione. Ascoltare il parere e coinvolgere tutti, anche l’addetto al lavaggio delle stoviglie, è infatti una regola assoluta per me. Chi partecipa alla preparazione di un piatto è sempre influenzabile dalla sua formazione, dal gusto personale, dai sapori della sua memoria, e dal suo io che ha contribuito al prodotto finito, mentre il nuovo piatto deve essere valutato da una platea variegata e diversa di clienti.
Un vero e proprio casino, proprio come succede nel mondo della moda: si discute del menù invernale già dal mese di giugno con difficoltà enormi nel ragionare e creare nuovi piatti non avendo a disposizione le materie prime. Come afferma il grandissimo chef Alain Ducasse “le idee delle nuove ricette le ho tutte in testa prima di prepararle”.
Ma quali sono i punti che occorre seguire per realizzare un menù stagionale? Ecco un rapido elenco:
1.teniamo in carta i piatti che sono andati bene lo scorso anno;
2.teniamo in carta i piatti che sono dei must (evergreen);
3.eliminiamo dal menù i piatti che non hanno avuto riscontro. Questo succede spesso e ci sono svariati motivi. Può accadere che di fronte ad abbinamenti azzardati, seppur validi, l’approccio psicologico da parte del cliente è stato negativo; oppure c’è un eccessivo costo del food quindi il prezzo finale sostenuto ha influenzato la scelta del cliente; oppure ancora il piatto è eccellente ma c’è stato un errato posizionamento nella carta;
4.non bisogna farsi condizionare dai trend e dalle mode estemporanee su ingredienti e materie prime;
5.ricercare sapori autentici e materia prima eccellente;
6.nella valutazione dei piatti che si vogliono proporre occorre non dare un giudizio scontato e affrettato ma ritornare sugli stessi anche dopo un certo lasso di tempo. Questo tempo è necessario perché dà la possibilità di ragionare e quindi correggere, aggiungendo o togliendo un ingrediente;
7.durante le prove è necessario assaggiare pochi piatti al giorno altrimenti la mente e il palato si confondono;
8.bisogna essere consapevoli che non tutti i piatti scelti avranno il riscontro prefissato;
9.valutare il costo del food dei piatti;
10.fissare il prezzo del piatto.
Alla fine di tutto ciò, dopo prove, assaggi e uno sfinimento totale, è necessario confrontarsi con il grafico e correggere infinite volte le bozze.
Moltiplichiamo tutto questo lavoro per i tre miei locali, con tre identità differenti, e otteniamo finalmente i fatidici menù. Come diceva il gastronomo francese Anthelme Brillat Savarin nella Fisiologia del gusto nel 1826 “considero la scoperta di un nuovo piatto che stimola l’appetito e prolunga il piacere un evento assai più interessante della scoperta di una stella: ne vediamo già abbastanza”.