di Enzo Coccia
Per il momento non desidero esprimermi sulla propagazione dell’energia termica nelle varie tipologie di forno (elettrico, a gas o a legna): questo è un argomento che mi prometto di affrontare più avanti, solo quando dal team di ricerca della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, con cui sto collaborando, mi saranno forniti dati certi e scientifici.
Voglio, invece, parlarvi della figura professionale del fornaio. Molte volte, anzi troppe volte, ci si dimentica completamente di questo artigiano o, ancora peggio, non se ne conosce e riconosce affatto il ruolo e l’innegabile importanza che ha nel processo di produzione della pizza napoletana.
Come per il pizzaiolo, anche le mani, la testa e il cuore del fornaio determinano la qualità del prodotto, perché un impasto eccellente può dar vita a una pizza altrettanto lodevole solo se incontra un ottimo fornaio. Che poi, il pizzaiolo, prima di diventare tale, lavora per lunghi anni proprio come fornaio.
A proposito di lavoro – e si tratta di una vera e propria professione – quello che mi colpisce è che se proviamo a googlare la parola “fornaio”, compare una sfilza di offerte di impiego nella sola città di Napoli. Da ciò si evince che il mestiere ha avuto, nel corso dei secoli, uno sviluppo, una specializzazione tecnica e una conoscenza profonda proporzionati alla diffusione della pizza napoletana.
Ben lontano dall’essere un mero operatore che inforna le pizze, un fornaio esperto, ancor prima di dedicarsi alla cottura del disco di pasta, sa riconoscere non solo le varie tipologie di legna da ardere (che sia faggio, quercia, pioppo o cerro), ma è in grado di modificare le diverse temperature che il forno può raggiungere in relazione alle varie tipologie degli impasti. Importanti sono, inoltre, i diversi tempi di cottura, che si tratti di una margherita o un ripieno, quest’ultimo, infatti, viene cotto sulla parte esterna del forno (detta bocca del forno) e impiega maggior tempo. La distinzione tra un legno duro e uno tenero, la pezzatura dei tronchi, classificati in mezza luna, se tagliati in due parti, tonnariello, dalla forma cilindrica con diametro che varia da 5cm a 7cm circa, e chiancarelle, bacchettine di legno, spesso molto essiccato, che vengono scelti, di volta in volta, per alimentare la fiamma (irraggiamento), il loro grado di essiccazione e, quindi, il loro contenuto di umidità, sono solo alcuni degli aspetti della complicata gestione di un forno a legna.
Per governare il furnus, il fornaio deve essere abile nell’operare a temperature che si aggirano intorno a 450°/465°C, nel variarle in base alle fasi di stallo e di lavoro intenso, nel cuocere in tempi brevissimi, appena 50/60 secondi, e, chiaramente, nel mantenere standard di qualità alti, assicurando, è ovvio, non la bruciatura, bensì la doratura della pizza napoletana.
Per quanto i fornai ambiscano a diventare pizzaioli, la loro difficile arte, se fatta con passione, affascina tanto quanto quella del preparare pizze, forse anche di più. La loro visibilità è oscurata dal pizzaiolo, ma brillano della luce riflessa della fiamma del loro forno.