di Lina Malafronte
Sushi, sashimi, couscous, paella, chicken tandoori, falafel, kebab, noodles: alzi la mano chi non ha mai assaggiato uno di questi piatti e non l’ha mai fatto stando comodamente seduto in poltrona a guardare la tv. Spaziando dalla cucina indiana a quella giapponese, dalla spagnola all’africana, senza dimenticare quella cinese e libanese, la lista delle pietanze a portata di mouse – o di dito indice – certamente non si esaurisce qui. La moda del momento adora i cibi etnici, soprattutto se ordinati velocemente e in tutta tranquillità, a rivelarlo una ricerca condotta da Just Eat, leader mondiale del food delivery, che ha mappato lo Stivale con le preferenze a tavola.
Che sia perché non si ha voglia di cucinare o perché si è in compagnia di amici o semplicemente perché non si ha il tempo di mettersi ai fornelli, sempre più italiani scelgono di farsi recapitare la cena direttamente a casa. Pochi click e l’ordine è fatto. Ma la cosa che più sorprende è che la cucina italiana, nota ed apprezzata in tutto il mondo, non risulta essere tra le più cliccate. Strano a credersi, proprio noi, noi che siamo chiamati mangiamaccheroni, noi che difendiamo orgogliosi le nostre prelibatezze, stiamo invertendo la rotta e dal classico per eccellenza del take away, la pizza, viriamo verso le cucine di altri Paesi.
Se l’espressione più ricca ed immediata di un popolo è proprio ciò che mangia, i flussi migratori hanno ridefinito non solo l’identikit della popolazione italiana, ma ne hanno modificato anche le abitudini alimentari determinando l’aumento del consumo di alimenti non propriamente mediterranei. La tendenza verso l’etno food va, quindi, inquadrata nel più ampio processo di apertura e integrazione che si registra sul nostro territorio.
Preparazioni affascinanti che, però, della cultura di appartenenza conservano unicamente il nome. In molti casi, la cucina esotica che ritroviamo da noi è solo la brutta copia della ricetta originale.
Con questo credo “don’t cook, just eat”, motto del gruppo danese, più della metà dei consumatori nelle principali città del Belpaese preferisce destreggiarsi tra bacchette e condimenti monouso piuttosto che leccarsi le dita con una fumante margherita. Fortuna che a Napoli, patria del tricolore da mangiare, i ghiotti cybernauti non si lasciano trasportare dall’onda del momento.
Lo sa bene Enzo Coccia che di sushi & Co. non teme la scalata. “Le mode non scalfiscono il DNA culinario di un popolo”, queste le sue parole, “i piatti etnici sono una moda momentanea ma non saranno mai il vero cibo italiano, nella mia città in special modo. Si pensi, ad esempio, che mentre altrove la catena McDonald’s apre punti ristoro, a Napoli, negli ultimi anni, ne ha chiusi ben tre”.
Tradizione e ingredienti locali di qualità manterranno la pizza al riparo dalla concorrenza.