di Enzo Coccia
Ho assistito alla mostra Concerto per archi e fili d’erba di Carmine Rezzuti e Quintino Scolavino, a cura di Marco De Gemmis e Patrizia Di Maggio, inaugurata sabato 29 ottobre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, sia come semplice visitatore che collaborando per l’allestimento del buffet facendo degustare ai presenti murzilli e ‘mpustarelle. Guardando l’opera del maestro Quintino Scolavino che raffigura un acrobata sospeso su un filo con un grosso masso da superare ho cominciato a riflettere sul concetto di equilibrio: quel grosso masso sospeso nell’arco del museo mi ha riportato alla mente il famoso funambolo dell’Ottocento, Charles Blondin.
Se ci pensate bene, l’equilibrio è una delle costanti della nostra vita sia affettiva che lavorativa. C’è l’equilibrio tra la coscienza e l’irresponsabilità, tra la pazienza ed il nervosismo, in cucina bisogna trovare l’equilibrio tra il dolce e il salato, tra l’amaro e l’acido. L’equilibrio da trovare sul lavoro tra l’esigenza di soddisfare il mercato e quello di realizzare se stessi nella preparazione di una pizza.
Ad esempio, l’equilibrio nella preparazione di un piatto tra tradizione e innovazione: perché se è vero che la ricetta è la memoria storica della tradizione, allo stesso tempo le ricette a volte hanno bisogno di essere rivisitate, per restare “vive”, per non limitarsi ad essere semplici nozioni mnemoniche. L’esecuzione di una ricetta cambia con il gusto del tempo e anche se è espressione profonda di un territorio, ha bisogno di conquistare sempre nuovo consenso. Per questo l’innovazione in cucina, con il tempo, può diventare a sua volta tradizione.
Insomma, l’equilibrio è la grande metafora della vita, della natura, del nostro essere uomini e donne, non solo professionisti in questa o quell’arte. Volete sapere io come mi sento? Il rapper Gué Pequeno canta: “Il mondo è fatto di due emisferi, quello dei matti e quello dei seri” e io cerco tutti i giorni di essere in perfetto equilibrio tra i due emisferi.